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Avv. Leopoldo Palomba
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L’intervento dei creditori nella procedura esecutiva immobiliare
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Nella procedura esecutiva possono intervenire i creditori muniti di titoli esecutivi, diritto di pegno o prelazione risultanti da pubblici registri, nonché titolari di un credito risultante dalle scritture contabili di cui all’ art. 2214 C.C.
Quest’ ultimo è particolarmente indicato per le Banche, che prima della riforma potevano intervenire esibendo la sola certificazione ex art. 50 T.U.B.
L’ istanza di intervento, nel caso di assenza di titoli esecutivi, deve essere notificata al debitore, il quale può opporsi instaurando un regolare giudizio per l’accertamento del credito.
Il Giudice dell’ Esecuzione, nel caso di riparto prima della conclusione del giudizio di accertamento dispone l’ accantonamento delle somme spettanti al creditore intervenuto per un periodo non superiore a tre anni, affinchè possa formarsi il titolo esecutivo.
L’ art. 510 c.p.c., che regola la distribuzione delle somme, non precisa se il termine di tre anni è perentorio o non perentorio.
- Nel primo caso la procedura deve chiudersi e la somma accantonata viene ripartita tra i creditori con titolo o restituita al debitore.
Il creditore, escluso per il mancato tempestivo accertamento, potrà proporre altra procedura con scarse possibilità.
- Nel caso invece di termine non perentorio, il creditore deve chiedere una proroga, fornendo la documentazione che motiva il ritardo.
Propendo per la seconda ipotesi, perché in linea con il principio che la lunghezza del processo – non sempre dovuto alle parti - deve danneggiare il creditore.
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